Un risultato senza precedenti per i partecipanti della staffetta paraolimpica ideata dall’ex pilota, giunta in Francia per portare il messaggio dello sport
Da un punto di vista prettamente sportivo, o meglio, del seguito sportivo, la consuetudine dello spettacolo gioca il brutto scherzo di seguire le esclusive vicende dell’agonismo; se si scende poi nel dettaglio, il raggio proteso dalla cultura di massa si riduce ai minimi termini, accorpando il sostegno a quei tre-quattro discipline al massimo, espressione della cultura popolare. In realtà, nella pratica collettiva dilettantistica e semi-professionistica, si scopre un’Italia ben più sfaccettata, dalle passioni estremamente variegate, anche in nome di valori particolari diversificati.
Non c’è dubbio che lo sport si fa portatore di un messaggio univoco di pace, tolleranza e impegno, così come è stato ereditato dal mondo dell’antica Grecia e ratificato e rinnovato con la più recente rifondazione olimpica di Pierre de Coubertin. A ben guardare, però, ogni sport comunica – per così dire – delle specificità valoriali che raccontano, ciascuna una parte, dei principi di vita, individuali e interiori: è facile comprendere come una disciplina di squadra si faccia carico di trasmettere principi di impegno individuale per l’interesse collettivo, quanto una disciplina individuale possa essere l’espressione più alta dello sforzo personale e sul potere di crederci.
Quando la vita antepone, prima di ogni allenamento, le difficoltà dell’esistenza indelebilmente posate sul proprio corpo, rispetto alle apparenti difficoltà nel raggiungimento di un obiettivo sportivo, si apre un capitolo personale del tutto nuovo che una parte delle migliori generazioni di appassionati conosce: il rapporto tra sport e handicap. La parola chiave che risuona ad ogni sforzo è quella del “limite”: il limite di superarsi, oltre ogni ostacolo prima di tutto fisico e psicologico; il limite di riconoscere con consapevolezza quali risorse mancano alla persona e quali sono da sfruttare a pieno.
Forse, vi è una seconda parola chiave che guida in questo particolare percorso di crescita, fondamentale quanto la prima: l’esempio. Ed è dall’esempio che è nato Obiettivo3, il progetto sportivo ideato da Alex Zanardi (personalità tutt’altro che estranea alle dure prove della vita) nel 2016. L’ex pilota automobilistica e paraolimpionico di handbike ha realizzato una realtà dove viene trasmessa la pratica sportiva per i disabili, donando nuove opportunità umane e l’assorbimento della tecnicità a partire dalle capacità residue della persona.
Dal progetto di Obiettivo3 (per esteso, Obiettivo Tricolore) è stata messa insieme la staffetta paraolimpica che lunedì, 2 ottobre, ha realizzato un’impresa senza precedenti: la copertura di un percorso complessivo di 1.800 km, diviso in 22 tappe. Coinvolti 70 atleti paraolimpici, testimoni di una staffetta per trasmettere inclusione, resilienza e speranza, che hanno percorso la strada da Cortina fino a Parigi, passando per il Veneto, l’Emilia-Romagna, la Lombardia, il Piemonte, la Valle d’Aosta, e poi attraversando il confine italo-francese, le regioni dell’Alvernia-Rodano-Alpi, della Borgogna-Franca Contea e dell’Ilê-de-France.
Il tutto in sella sulle handbike, carrozzine olimpiche, biciclette, ma anche in canoa. Dalla partenza, alle ore 8.30, dal castello di Brie-Comte-Robert, degli atleti Marta Antoniucci (paraciclismo), Pierluigi Maggio(paratriathlon), Eleonora Mele (paraciclismo), Leonardo Percoco (handbike) e Ivan Territo (paratriathlon), l’ultimo testimone ha tagliato il traguardo sotto la Tour Eiffel a mezzogiorno. La scelta di Cortina d’Ampezzo e Parigi non è casuale: saranno le città che ospiteranno i prossimi Giochi Olimpici e Paralimpici.
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