Il Governo riattiva la pace contributiva: una manna dal cielo per chi deve andare in pensione. Cos’è e come funziona?
La pace contributiva è una misura fiscale che venne già attivata con successo nel biennio tra il 2019 e il 2021. Già all’epoca il governo diede ai contribuenti la possibilità di andare prima in pensione oppure di aumentare l’importo dell’assegno pensionistico a cui si ha già diritto versando dei contributi a riscatto di alcuni periodi di vuoto contributivo.
I periodi di vuoto contributivo sono periodi durante i quali non sono stati versati contributi a nome di un lavoratore. I motivi di tali vuoti possono essere diversi: il più comune è che semplicemente in un determinato periodo il lavoratore era disoccupato e non ha avuto modo di versare contributi volontari. In alternativa il lavoratore avrebbe potuto prendere una pausa dal lavoro allo scopo di svolgere altre attività prioritarie nella sua vita come ad esempio conseguire la laurea o accudire un figlio appena nato.
Tali vuoti però incidono in negativo sull’anzianità contributiva, ovvero sulla quantità di contributi che ogni lavoratore è tenuto a versare per esercitare il diritto di andare in pensione. In pratica, per accumulare i contributi necessari bisogna lavorare più tempo rimandando la pensione. La pace contributiva va incontro proprio a questi lavoratori.
Tutto quello che c’è da sapere sulla pace contributiva
Usufruendo della pace contributiva si potranno versare di tasca propria i contributi che non sono stati versati durante i periodi di vuoto contributivo. Tali periodi però dovranno ricadere nell’arco dell’effettiva vita lavorativa di una persona, cioè tra il momento in cui è stato versato il primo contributo e il momento in cui è stato versato l’ultimo.
Con la pace contributiva sarà possibile riscattare un massimo di cinque anni di contributi, non necessariamente consecutivi. Inoltre, sarà possibile pagare i contributi anche a rate: l’ammontare totale dei contributi da versare sarà diviso in rate uguali diluite nell’arco di un massimo di 120 mensilità, cioè 10 anni, alleggerendo di gran lunga l’impatto economico del versamento, dal momento che 5 anni di contributi potranno essere versati in 10.
Oltre a raggiungere la soglia contributiva necessaria al raggiungimento della pensione si potrà anche sfruttare la pace contributiva per aumentare il valore dell’assegno pensionistico che si andrà a ricevere.
A quanto ammontano i contributi da pagare per ogni anno da riscattare? Dipende dal tipo di impiego del lavoratore. Nello specifico:
- un dipendente pagherà all’anno il 33% del proprio reddito annuo imponibile
- un autonomo in media il 24%
- un lavoratore iscritto alla gestione separata INPS il 25,72%.
Per capire quanto si deve versare basterà calcolare l’importo annuo dei contributi, dividerlo per 12 (ottenendo così i contributi da pagare al mese) e moltiplicare la cifra per i mesi che si intende riscattare.