Assegno di inclusione, occhio a non perderlo. Non è una minaccia ma un’ipotesi più che plausibile. Scopri di più sull’argomento (prima che sia tardi).
Assegno di inclusione, gioia e dolore si potrebbe esclamare. Non tanto per l’aiuto fornito da questo beneficio che anzi dà manforte, nonché la possibilità ai beneficiari di poter usufruire di somme elargite mensilmente. Denaro col quale è possibile provvedere alle spese necessarie. Il problema non è il sussidio in sé ma le questioni che possono verificarsi attorno perché al pari di quanto già è accaduto in passato con il suo predecessore, ovvero il reddito di cittadinanza è importante prestare molta attenzione.
A volte può esserci una distrazione del tutto involontaria ma grave a tal punto da far decadere dal diritto all’assegno e quindi ritrovarsi a quota zero. Su questo l’INPS è molto chiara e si attiva periodicamente per fornire tutte le informazioni necessarie ai destinatari ed evitare che questi possano perdere il beneficio dall’oggi al domani. In particolare, ci sono delle circostanze che fanno perdere proprio l’ADI. L’INPS Infatti ha avvisato proprio di recente che si rischia di perdere tale agevolazione. Ma a cosa si riferisce?
Assegno di inclusione, cosa fare per non perderlo
La questione concerne le dimissioni da lavoro su cui l’INPS vigila. Il decreto numero 48 del 2023 all’articolo 2 comma 3 è molto specifico e stabilisce che si può richiedere l’assegno di inclusione solo per i nuclei familiari che abbiano uno o più componenti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie. Questa regola è molto più severa oggi rispetto a quando non fosse vigente il reddito di cittadinanza. Prima infatti le dimissioni comportavano l’esclusione della persona dal calcolo della scala di equivalenza, mentre invece gli altri membri del nucleo familiare comunque potevano accedere al beneficio.
Nell’era dell’ADI, cadere nella trappola delle dimissioni potrebbe avere conseguenze molto più gravi. Le dimissioni infatti non solo escludono automaticamente il diritto all’assegno di inclusione ma impediscono anche di godere dei benefici della Naspi. Ecco perché è importante valutare attentamente le dimissioni e ricorrervi solo nei casi di ipotesi estreme, pena infatti le ripercussioni che possono insorgere sia per quanto riguarda il sostegno finanziario ma anche i diritti lavorativi.
Alcune eccezioni
Ci sono tuttavia delle eccezioni e ci si riferisce chiaramente alle dimissioni per giusta causa oppure alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Questi sono casi in cui non vi sono conseguenze negative per il lavoratore e quindi gli permette lo Stato di vedersi garantiti determinati diritti e benefici. Tutte le altre forme di dimissioni sono considerate allo stesso modo: possono influenzare negativamente la situazione sia lavorativa che finanziaria del dipendente.
Stesso discorso riguarda le dimissioni nel periodo di prova. La Legge ribadisce che i lavoratori in prova possono rescindere il contratto senza preavviso e senza che questo influire sull’aspetto del sostegno finanziario. Salvo però l’obbligo di segnalare le dimissioni all’INPS per evitare problemi e quindi garantire il mantenimento dei benefici.
L’obbligo di comunicare tutto all’INPS
Se poi la dimissioni avvengono prima che si presenti la domanda per l’ADI, allora bisogna comunicarlo nel modulo di domanda completamente compilato e verrà automaticamente respinto. Se invece avviene proprio successivamente a quando si presenta la domanda, bisogna presentare il modulo ADI com esteso entro 30 giorni dall’evento stesso.