L’INPS ha definito un elenco dettagliato di casi in cui si può andare in pensione anticipata: ecco i requisiti e le condizioni
Per una vasta platea di lavoratori ci sono diverse opzioni per garantire un sostegno economico adeguato, dalle pensioni anticipate ad altre agevolazioni. L’importante è essere informati sui propri diritti e sulle procedure per accedervi, garantendo così un adeguato sostegno a chi può godere di determinati benefici. Ecco tutto quello che c’è da sapere.
Ovviamente, come per ogni diritto, per ogni bonus, per ogni incentivo e per ogni agevolazione, vi sono dei requisiti da rispettare. L’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, che regola il sistema pensionistico in Italia, ha così stabilito quali sono le linee guida per andare in pensione anticipata, anche di 10 anni. Ecco tutte le fattispecie e le casistiche.
Pensione anticipata di più di 10 anni per questi lavoratori
In un contesto dove la salute è al centro delle priorità, è fondamentale comprendere i diritti e le agevolazioni offerti ai lavoratori che affrontano malattie croniche. Uno degli aspetti chiave è l’accesso anticipato alla pensione di vecchiaia. Una misura che può offrire sollievo e sicurezza finanziaria a coloro che si trovano in condizioni di salute compromesse.
Secondo le disposizioni stabilite dal Decreto legislativo n. 503 del 1992, con le istruzioni applicative introdotte dalla circolare INPS n. 35 del 2012, i lavoratori affetti da malattie croniche che comportano una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore all’80% hanno la possibilità di anticipare il pensionamento. Questo significa che, pur rispettando il requisito di 20 anni di contributi versati, gli uomini possono pensionarsi 6 anni prima dei 67 previsti dalla legge, mentre le donne possono farlo addirittura 11 anni prima.
Ma quali sono le condizioni che danno diritto a questo privilegio? L’INPS ha definito un elenco dettagliato delle malattie invalidanti e delle relative percentuali di invalidità che ne determinano l’accesso alla pensione anticipata. Queste includono una vasta gamma di condizioni, tra cui disfunzioni cardiache, patologie neurologiche degenerative, diabete mellito, trapianti di organi, e persino patologie psichiche come la depressione cronica.
Tuttavia, è importante sottolineare che non è sufficiente solo l’invalidità. È necessario anche valutare l’effettiva compromissione della capacità lavorativa del soggetto in relazione alla sua attività lavorativa. In altre parole, la patologia deve rendere difficile o impossibile continuare a svolgere il proprio lavoro.
Per coloro che non raggiungono la percentuale minima di invalidità per accedere alla pensione anticipata, ci sono comunque altre forme di sostegno economico. Ad esempio, l’Ape Sociale consente di smettere di lavorare all’età di 63 anni e 5 mesi per coloro con un’invalidità pari almeno al 74% e almeno 30 anni di contributi. La Quota 41 permette di pensionarsi a qualsiasi età con almeno il 74% di invalidità e 41 anni di contributi. L’Opzione Donna, invece, richiede 61 anni di età, almeno 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2023 e un’invalidità pari almeno al 74%. Infine, per chi ha una capacità lavorativa ridotta a meno di un terzo, cioè un’invalidità pari almeno al 67%, c’è l’Assegno Ordinario di Invalidità, purché siano stati versati almeno 5 anni di contributi, di cui 3 nel quinquennio precedente alla presentazione della domanda.