Ecco quello che non si dice e quello che si dice ma che non corrisponde alla realtà: tutta la confusione che ruota attorno all’elettrico su 4 ruote
Pian piano (ma neanche troppo) si sta avvicinando la soglia critica, quella che affaccerà milioni di automobilisti ad una storica rivoluzione industriale. L’appuntamento è quello del 2030, in accordo con l’Agenda 2030 fissata dalle Nazioni Unite per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale utili a salvare il salvabile (in extremis) di ciò che resta delle risorse della Terra e della vivibilità da parte dell’essere umano.
Nel 2030, si prevede, circoleranno soltanto in Italia circa 6 milioni di auto elettriche; un numero altissimo e le ragioni di tale picco sono molto semplici: entro quell’anno, le case automobilistiche venderanno quasi esclusivamente auto elettriche. Già dal 2026, inoltre, sembra più che verosimile che il prezzo dell’elettrico raggiungerà la parità con quello dei modelli endotermici.
Oggigiorno, chi acquista un’auto ecologica può fruire di un incentivo messo a disposizione dallo Stato, sin dall’approvazione del governo Draghi, in accordo con la politica comunitaria. Secondo il decreto, però, che ha finanziato l’acquisto, ancora una volta, di veicoli a benzina e diesel, la questione di riduce alle basse emissioni di CO2; ben diverso il discorso europeo, che ha destinato i fondi per i bonus nazionali, evidenziando la causale “zero emissioni“.
A quanto pare, l’Italia non si sta avviando – ma non è l’unica in Europa – speditamente a quelle scadenze che diverranno ferree, con un programma compiuto di investimenti su larga scala, infrastrutture e potenziamento della rete elettrica. Sì, perché sarà richiesto un quantitativo di elettricità senza precedenti, tale da soppiantare il vecchio petrolio.
È anche vero che il confine tra il passaggio graduale al cambiamento e il ritardo sulla tabella di marcia è alquanto sottile ed è in grado di generare potenti equivoci nell’opinione pubblica. Purtroppo, è come si percepisce questo delicato tema a produrre financo falsa informazione estremamente strutturata e argomentatile.
Innanzitutto il problema del rifornimento. Si pensa che in Italia, l’attuale numero delle colonnine sia scarso e insufficiente. In un anno si è registrato un +28% rispetto al 2022, portando a 45mila i punti di ricarica; le installazioni crescono in base al numero delle auto elettriche in circolazione (ad oggi 209mila).
Altro specchietto per le allodole: il prezzo. Non si comprano massicciamente auto elettriche poiché sono troppo costose rispetto alle omologhe nelle tradizionali trazioni, e anche alle stesse vetture ibride; come suddetto, nel giro di 7 anni il prezzo è destinato ad abbassarsi.
Si pensa, inoltre, che il rifornimento possa essere troppo oneroso. Il prezzo di un pieno di kWh varia a seconda del tipo di colonnina; ma le società offrono abbonamenti e fidelizzazioni in grado di abbattere il divario: e poi la strada percorsa con un kWh è notevole, col rischio di pensare al rifornimento una volta ogni 7/10 giorni: una ricarica completa offre soltanto di media un’autonomia di percorrenza pari a 400 km.
Per quanto riguarda lo smaltimento delle batterie esauste, esistono oggigiorno vari sistemi di riciclo, smaltimento e riutilizzo. E poi no, con le batterie al litio, i modelli elettrici non sono facilmente infiammabili; cambiano soltanto i tempi tecnici per spegnere le fiamme (ci vuole un poco di più rispetto a un’auto a benzina che ha preso fuoco).
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