Il suo nome clinico è onicofagia e può rappresentare un disturbo compulsivo con ripercussioni gravi sia di tipo fisico sia di tipo psicologico.
Forse è un’abitudine che ci trasciniamo appresso sin dall’infanzia. O forse abbiamo cominciato a farlo solo di recente. In ogni caso, è bene porvi attenzione e comprendere a fondo l’origine e le cause del comportamento. Parliamo di un impulso che in termini clinici viene definito onicofagia, ovvero l’abitudine di mangiare le unghie delle mani nonché le pellicine e le cuticole circostanti.
Nei casi più gravi si tratta di un vero e proprio disturbo compulsivo, solitamente sintomo di stress, nervosismo, noia ed ansia, nonché di un disagio che può avere radici profonde. Le persone che ne soffrono tendono a mantenere l’abitudine senza rendersene conto, impegnandosi di quando in quando a rosicchiarsi le dita in modo inconscio. In prevalenza, l’onicofagia compare durante l’infanzia e l’adolescenza.
Dopo di che, se non viene opportunamente attenzionata e risolta, prosegue nell’età adulta e può perdurare anche per tutta la vita. A tutti gli effetti si tratta di un disturbo comportamentale ed emotivo e viene definito anche un “disturbo del controllo degli impulsi” che, a livello psicologico, richiamerebbe l’esperienza neo-natale di attaccamento al seno materno, al fine di ottenere un effetto calmante simile per placare i momenti di maggior agitazione.
L’importanza di riconoscere le cause dell’onicofagia
Per poter superare il disturbo, è essenziale comprendere le cause che lo hanno originato. Queste possono essere principalmente di tipo ambientale oppure biologico e, nei casi di maggior disagio percepito, anche di tipo autolesionistico.
Un esempio tipico di cause ambientali riguarda la semplice imitazione, ovvero quando i bimbi sono circondati da adulti che patiscono il disturbo e dunque li imitano senza alcuna motivazione psicologica profonda.
In termini biologici, l’onicofagia tende a sostituire l’abitudine della suzione del pollice la quale, a sua volta, solitamente imita l’attaccamento al seno materno in circostanze di tensione, preoccupazione e nervosismo. Se al piccolo viene consentito di farlo, ecco che di conseguenza acquisirà ben presto l’automatismo abitudinario. L’ideale, invece, è contrastare l’insorgere dell’attività rassicurandolo e creando abitudini di affronto della tensione che consentano di sfogarla in modo equilibrato, naturale, condiviso ed innocuo.
Secondo alcuni studiosi, inoltre, l’onicofagia può essere un chiaro segnale di presenza di aggressività autolesionistica, espresso in particolare da individui timidi e remissivi che tendano a sfogare lo stato affettivo intenso della rabbia più verso loro stessi che verso gli altri. Anche in questi casi, è essenziale comprendere le origini dei disagi comportamentali percepiti in modo da rendere conscia l’abitudine e poter agire su di essa per abbandonarla.