Uno studio condotto lo scorso settembre ha rintracciato la Anopheles sacharovi, la zanzara che può trasmettere la malaria, in Puglia. La loro presenza però non vuol dire il ritorno della malattia.
Endemica nel nostro Paese fino agli anni Cinquanta, la malaria e la zanzara che la trasmette sono state debellate dalla penisola intorno alla seconda metà degli anni ’50. Da allora tutti i centinai di casi registrati sono stati causati da viaggi all’estero, ma in alcune occasioni le ricerche hanno evidenziato ancora la presenza della Anopheles sacharovi qui da noi, in particolare nel Sud Italia.
L’ultimo caso in Puglia. Una ricerca condotta nel 2022 e approfondita nel settembre dello scorso anno dall’Istituto Zooprofilattico di Puglia e Basilicata ha ritrovato la presenza di questa specie di zanzare nel leccese. I risultati dello studio sono stati pubblicati solo lo scorso 10 aprile sulla rivista scientifica Parasites e Vectors; tra le 216 zanzare e larve catturate 20 appartenevano alla cosiddetta zanzara della malaria, appunto.
Un riscontro nel tacco d’Italia che non avveniva da 50 anni e che ha scatenato subito l’allarmismo. Gli esperti però insistono sulla non necessità di creare panico, resta comunque importante alzare la sorveglianza.
Il fatto che la Anopheles sacharovi sia stata ritrovata in Puglia non vuol dire che la malaria è tornata nel nostro Paese. Intanto perché non la prima volta che esemplari della specie si annidano nelle regioni del Sud, e poi perché nel caso specifico delle 20 zanzare ritrovate tra Lecce e Otranto, le analisi hanno evidenziato come queste non fossero parassitate da quegli organismi unicellulari che causano la malattia.
Si tratta inoltre di un numero esiguo di esemplari. Gli esperti piuttosto consigliano di tenere alta la sorveglianza, proprio per evitare la reintroduzione della malattia nel nostro Paese. Se una zanzara Anopheles dovesse succhiare il sangue di una persona malata potrebbe sì diffondere la malattia. È importante quindi sorvegliare la presenza di questi insetti e agire di conseguenza. Insomma si tratta di un dato da tenere in considerazione, ma non è necessario creare allarmismo.
La presenza delle anofele in Italia è determinata in particolare dai cambiamenti climatici. Così come ha sottolineato all’Adnkronos Luigi Lopalco, docente di igiene all’Università del Salento: “È un altro segnale di preoccupazione sui cambiamenti che il clima e le modificazioni dell’ambiente stanno comportando“.
Certamente, ha poi specificato il professore, non si può parlare adesso di un immediato rischio di reintroduzione della malattia in Italia, ma un avvertimento che impone maggiore sorveglianza.
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