E' scomparso questa mattina, all'età di 83 anni Livio Cian, che da Fiume si rifugiò a Cassano facendola diventare, da quasi mezzo secolo la sua seconda patria.
Il sig. Cian era una delle migliaia di esuli istriano-giuliano-dalmati costretti ad abbandonare i territori della ex Jugoslavia dopo la fine della seconda guerra mondiale.
“Non sono più tornato nella mia città. Lì non sventola più il Tricolore pur essendo quella terra italiana” disse il sig. Cian in occasione della dedicazione dell'area giochi nel quartiere "Sacro Cuore" alle vittime delle foibe, nel febbraio 2010, una delle sue ultime apparizioni pubbliche.
In quella occasione spiegò le atrocità che i comunisti slavi agli ordini di Tito perpetravano nei confronti degli italiani, anche di ragazzini come egli era all’epoca. “Bastava essere italiano – disse all'inaugurazione – per essere chiamato porco, fascista ed essere preso a sputi e sassate; bastava ribellarsi e reagire perché si finisse sparati”.
Più volte il sig. Cian ha testimoniato pubblicamente, incontrando giovani e scolaresche, le sofferenze dell'essere esule in patria e la vita di dolori trascorsa nel ricordo, pur nella consapevolezza di aver trovato in questa piccola cittadina della Puglia l'affetto e la considerazione che la sua terra gli aveva negato.
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Dispiace, inoltre, leggere qualche "rosso" che non perde occasione nello sventolare ai 4 venti la propria mancanza di rispetto per la vita umana facendone sempre una questione politica quando non serve.
Dal 1945 ad oggi aggiungo.
Voglio ricordare queste parole di Mussolini: «Di fronte ad una razza come la slava, inferiore e barbara non si deve seguire la politica che da lo zuccherino, ma quella del bastone... i confini dell’Italia devono essere: il Brennero, il Nevoso e le Dinariche... Io credo che si possano più facilmente sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani».
Magnifico marito, padre e soprattutto fantastico nonno.
Un abbraccio grande a Miryam e Liviana.
Che possa riposare in pace signor Cian insieme alla sua adorata moglie????